La meravigliosa macchina di Pietro Corvo

di Guido Quarzo

Recensione a cura di Greta, Martina, Aurora, Sofia, Martina, classi II e III media, Lycée International di Saint Germain en Laye (Francia)

Ciao, mi chiamo “La meravigliosa macchina di Pietro Corvo” e credo, anzi sono sicuro di valere la pena di essere letto! Per convincervi a scegliere me tra i tanti romanzi di una libreria, vi elencherò cinque buoni motivi per farlo.

Per prima cosa mi presenterei, così da non essere per voi un perfetto sconosciuto. Allora come ho già detto mi chiamo “La meravigliosa macchina di Pietro Corvo”, mio padre è Guido Quarzo, una madre non ce l’ho e non ho nemmeno fratelli. Però tu, lettore, se mi sceglierai, sarai per me come un fratello. Oltre a questo non so molto sulla mia famiglia, ma potrei raccontarti un po’ la mia storia. Allora, da dove inizio? Ah sì, Giacomo, un giovane orfano dell’Albergo di Virtù, viene adottato da Pietro Corvo, famoso orologiaio di Torino, e lo aiuta a svolgere i lavori nella sua bottega. Pietro Corvo è innamorato pazzo della figlia del Marchese di Moncalvo, la bellissima Irina. Ma un giorno Irina si arrabbia e se la prende con Mastro Corvo. Lui ci rimane molto male e per un paio di giorni non fa che leggere un libricino di Julien Offray de la Mettrie che il Marchese gli aveva regalato per farsi perdonare dell’umiliazione subita. Da questo libro Pietro Corvo prenderà l’idea di costruire in tutta segretezza un automa che avrà le sembianze di Irina. Il suo lavoro procede bene ma un giorno scopre che un grande meccanico, Jacques de Vaucanson, ha creato due automi, un’anatra e un uomo che suona il flauto. Allora decide di mettersi in viaggio per Parigi e di incontrarlo per parlare con lui. È qui, caro lettore, che le avventure di Giacomo e Pietro Corvo cominciano.

Come secondo motivo per leggere questo libro vi direi che vi imbatterete in personaggi molto interessanti. In primis vi parlerei del mio personaggio preferito, Jean Renard, detto anche Jean il Testardo. È un personaggio che mi piace particolarmente perché è folle, pieno di idee, presentimenti, voglia di vivere la vita. Oltre a lui non si può fare a meno di citare Pietro Corvo, il protagonista del racconto, che non è un principe azzurro sul suo cavallo bianco, non è dotato di poteri magici, non è un eroe, anzi, svolge un umile lavoro, l’orologiaio, e il suo aspetto incute paura. Tuttavia, pur non essendo un eroe, è un uomo che dedica la propria vita al suo lavoro e a perfezionare un sogno: costruire una macchina che rappresenti la donna che ama pur sapendo che lei non contraccambierà mai i suoi sentimenti. Pietro Corvo è un uomo devoto e appassionato che ha fretta di effettuare le consegne non per avidità ma vedere gli sguardi ammirati dei clienti posarsi sulla sua opera o la delizia che traspariva negli occhi di chi ascoltava i suoi carillon. Desiderando trasmettere il suo sapere, adotta Giacomo, un ragazzo orfano, che però non tratta come un apprendista ma come un figlio. Quest’uomo vedrà il suo amore contraccambiato perché quando ne avrà più bisogno, Giacomo lo accoglierà a sua volta come un padre, così come lui lo aveva accolto come un figlio. Ed è per questo che, per quanto le macchine sembrino perfette non potranno mai sostituire gli uomini perché mancherà sempre loro una cosa essenziale: i sentimenti.

Come terzo motivo proverò a sciogliere i vostri cuori con una frase filosofica, una di quelle frasi per le quali mio padre Guido Quarzo dimostra una particolare bravura nella scrittura: “La mente può percorrere enormi distanze, ma serve un lume per vedere lontano, il lume della ragione”. Vi ho conquistati? Direi di sì… A me questa frase piace molto essendo per me fondamentale essere giusti e corretti per proseguire nella vita e per fare questo abbiamo anche bisogno di conoscenze.

Dai, siamo quasi giunti al termine con il penultimo motivo, cioè lo sfondo storico del romanzo che è infatti ambientato nel 1700, un periodo in cui uno come me, un libro, a volte non era autorizzato a essere letto. Significativo il fatto che Jean Jacques Rousseau, che è uno dei personaggi del racconto, pensi di farsi prete. Perché? Per avere la possibilità di leggere tutti i libri del mondo. In quel periodo infatti solo gli uomini di Chiesa erano autorizzati a leggere tutti i libri esistenti per capire quali erano quelli da mettere al bando. Rousseau nel romanzo dice: “Scrivere libri è mestiere non del tutto privo di rischi”. Era quindi pericoloso sia scriverli sia leggerli.

Lo stesso Homme Machine di Julien Offray de la Mettrie, il piccolo libro che Corvo aveva ricevuto in dono dal Marchese, era un libro proibito, condannato dalla Chiesa, bruciato sulle piazze perché de la Mettrie sosteneva che l’uomo altro non è che una macchina e che l’anima non esiste. E Pietro Corvo sfida il divieto e lo legge e rilegge forse perché il pericolo e l’avventura ci attraggono più di quanto si possa immaginare. L’orologiaio è ossessionato da quel libro, tanto da dedicarci tutta la vita, ma non riuscirà a costruire l’automa per una ragione molto semplice: l’umano non si può fare macchina e la macchina non si può fare uomo. Guido Quarzo ci mette in guardia dai rischi della tecnologia moderna, ha scelto il passato per parlare del futuro. Perché? Forse perché gli uomini hanno sempre imparato dal passato, senza il quale non ci sarebbe futuro. E in questo periodo in cui i robot diventano sempre più intelligenti, il libro di Guido Quarzo può far sorgere una domanda: sapremo fermarci come Pietro Corvo?

Da ultimo non posso fare a meno di elencare il quinto motivo per il quale dovreste subito afferrarmi dallo scaffale della libreria e portarmi a casa con voi: il messaggio che voglio trasmettere. Fin dalle prime pagine vi insegno infatti a non giudicare le apparenze, in particolare quando Pietro Corvo pronuncia questa frase: “Giacomo, l’apparenza inganna, è una lezione che prima s’impara meglio è, credimi”. Irina è infatti una donna bellissima ma molto superficiale e crudele, al contrario Pietro Corvo è molto brutto d’aspetto, talmente brutto che lui stesso si definisce “l’uomo più brutto della terra”, ma ha un cuore d’oro ed è leale verso il prossimo. Ma Guido Quarzo non si ferma qui, fa evolvere i suoi personaggi, li fa crescere e maturare. Irina stessa dopo la morte del padre capisce i suoi errori e apre gli occhi sulla realtà, apprezzando ciò che va oltre l’aspetto esteriore e il denaro.

Irina dichiara: “Compresi che vivevo come un automa. Come tutti si aspettavano che vivessi. […] io e il vostro automa eravamo uguali. Per questo odiai voi e la vostra creatura, come si può odiare chi ci svela una verità”. Insomma, non c’è bisogno di essere macchine per essere privi di sentimenti, a volte gli uomini possono vivere come degli automi.

Guido Quarzo, La meravigliosa macchina di Pietro Corvo, Salani, 2013