Novecento

di Alessandro Baricco

[Recensione di Lilou, classe 2^ A, Liceo I.M.I. – Istanbul]

Lui l’aveva una buona storia. Lui era la sua buona storia. E quel giorno, seduto su tutta quella dinamite, me l’ha regalata. Perché ero il suo più grande amico, io.

T.D. Lemon. Era la scritta sulla scatola in cui era stato lasciato da neonato sul pianoforte della prima classe. A trovarlo, era stato quel vecchio marinaio, Danny Boodman, che prese il bambino in braccio e gli disse “Hello Lemon!”. E gli scattò quel qualcosa dentro, un po’ come se fosse diventato padre. Era convinto che quel “T.D.” significasse “Thanks Danny” e che quel bimbo fosse stato lasciato lì per lui.

Però al bambino doveva dare un nome. Iniziò per dare il suo: Danny Boodman, poi ci aggiunse T.D. Lemon, proprio come la scritta della scatola (secondo lui faceva fine avere iniziali nel proprio nome). Con gli altri marinai, lo studiò, quel nome, ripetendolo a bassa voce. Un bel nome, ma gli mancava qualcosa. E infine Danny ci aggiunse “Novecento” perché aveva trovato il bambino nel primo anno di “questo fottutissimo secolo”, come diceva lui. E così quel bimbo trovato in una scatola sul pianoforte della prima classe fu chiamato Danny Boodman T.D. Lemon Novecento.

Novecento è un monologo ambientato nella prima metà del XX secolo. Racconta di un pianista a dir poco particolare. Su quella nave dalle arie del Titanic, il Virginian, ci era nato e non ne era mai sceso. Suonava in prima classe le sue note “normali” e in terza classe suonava quelle note che ti fanno viaggiare, che ballano sulle onde del mare facendo sembrare che ti culli. Ogni volta che suonava, Novecento finiva in un posto diverso reale, non della sua fantasia: poteva finire a Parigi a guardare il tramonto o in Bertham Street sentendo l’odore della pioggia appena caduta. Viaggiava con la mente con tutti questi dettagli perché “leggeva la gente che incontrava e soprattutto leggeva i segni che la gente si portava addosso”.

Novecento. Stava seduto sul seggiolino del pianoforte, con le gambe che penzolavano giù̀, non toccavano nemmeno per terra. E, com’è vero Iddio, stava suonando.

Nel monologo scritto da Alessandro Baricco, pubblicato nel 1994 dalla Feltrinelli, si parla di come Novecento riesca a trasportarci tramite le sue note accompagnate dalle onde del mare e di come riesca a trasmettere quello che non si può dire attraverso i suoi accordi. Dato che io non ho potuto sentire le sue note speciali, non è stato lui a farmi viaggiare e a trasmettermi emozioni ma è stato questo monologo che ti fa vivere quelle burrasche micidiali in piena notte e ti fa immaginare le note di Novecento ballate dagli ospiti della prima classe.

La storia di Novecento viene raccontata dal suo migliore amico e presenta un lessico semplice, colloquiale, che ti cattura e ti trasporta fino all’ultima parola, comunicandoti tutte le sensazioni ed emozioni presenti come le domande dell’amico sul perché il protagonista non scenda da quella nave o le emozioni di Novecento quando affronta “l’inventore del jazz” facendo incantare la gente.

Con questo racconto si viene trasportati come l’Oceano fa con il Virginian e durante questo viaggio si ha sempre una domanda nel profondo della testa: scenderà mai Novecento da questa nave

Alessandro Baricco, Novecento. Un monologo, Feltrinelli, 1994